Il cambiamento è storico e sconosciuto per quasi tutti i dipendenti e collaboratori delle banche: dagli anni ’80 e dal controllo dell’inflazione, i tassi erano scesi costantemente.

Nel 1990, gli emittenti pubblici migliori hanno preso in prestito al 10%; nel 2000, al 5%; nel 2010 al 2%; e ad un tasso leggermente negativo nel 2021.

Con il 2022 i tassi hanno ripreso a salire, ma tra molte sorprese, i dati sull’inflazione dalla fine dell’anno, si sono attestati al di sotto delle aspettative. Ma non bisogna cedere a facili entusiasmi. Soprattutto, è necessario analizzare il fenomeno che presenta alcune caratteristiche strutturali consuete e talune diversità ai più sconosciute.

Le Criptoasset o Cryptovalute vivono un momento critico nel vero senso greco della parola. Le modalità con cui sarà gestita questa fase comportano scelte che saranno condizionanti per il futuro. Alcune “monete” sono in via di esaustione, ma questo è sempre stato un fenomeno diffuso. Alcuni miners terminano o sospendono la loro attività di creazione; soprattutto non pochi exchange scompaiono portando talvolta con sé i depositi digitali dei propri clienti.

Nel contempo, si sviluppano forme crescenti di regolamentazione:

  • a livello globale: con l’azione del Financial Stability Board)
  • a livello comunitario: l’accordo su Mica – Markets in Crypto-Assets che avvia le tutele europee per gli investitori)
  • a livello nazionale: il registro del MEF degli operatori virtuali che censisce non solo gli operatori nazionali ma anche chiunque operi soggetti fiscali italiani

Altrettanto, FED, BCE e Banca d’Italia fra le altre sviluppano studi e propongono ipotesi di controllo per evitare il diffondersi della instabilità del segmento. Non consideriamo la volatilità che suscita preoccupazione negli operatori avversi al rischio, ma che – al contrario – è il fattore attrattivo per altre tipologie di investitori, soprattutto quando il relativo peso nei portafogli risulta conferme al risk appetite.

Inoltre, il comparto delle crypto differenzia fra le proposte peer-to-peer dichiaratamente indipendenti da qualsiasi struttura centralizzata e le stablecoin ancorate alle principali divise mondiali e talora recepite anche da alcuni Stati con propria valuta debole quale succedaneo (El Salvador, Laos e Venezuela fra gli altri, con l’ipotesi affascinante del SUR, la moneta comune fra Brasile e Argentina non ancora definita, ma auspicata dai rispettivi governi con l’interesse anche di Paraguay e Uruguay).

Le Stablecoin in generale offrono prospettive non da tutti condivise su temi mainstream del futuro quali l’impatto climatico, la stretta antiriciclaggio e la solidità patrimoniale delle riserve patrimoniali dei miners emittenti.

Nella Ue le istituzioni dell’Unione hanno raggiunto un accordo – provvisorio – sul regolamento Mica che dovrebbe entrare in vigore agli inizi del 2024. Inoltre, ricordiamo che è dello stesso periodo anche l’accordo sulla reportistica di sostenibilità. Contemporaneamente, la BCE prosegue la sperimentazione dell’euro digitale che si propone in tempi non ancora stabiliti, di sostituire la moneta metallica senza impattare su quella cartacea. In questo caso, si acquisisce la forte potenzialità della blockchain quale supporto tecnologico per la gestione degli scambi e il controllo della circolazione, ma si annulla la rivoluzionaria e non sempre condivisa soluzione originaria dei bitcoin nel 2009 di essere indipendenti da una Banca Centrale emittente e vigilante. In tale ottica si evidenzia che le stablecoin risultano coperte dal legame con le valute tradizionali, l’elemento che modifica la rivoluzione in involuzione e ridona il ruolo tradizionale alle Banche Centrali quali responsabili della quantità e della qualità delle valute utilizzabili negli scambi.

Al di sopra di questo stato dell’arte, rimane il dubbio non solo concettuale se si tratti di un’asset class per investimenti o di una moneta. Questo impatta anche sulla regolamentazione e motiva la scelta ancora radicata di non considerare le cryptocoin quali attività finanziaria, fattore che condiziona la sottoposizione alle normative MiFID e alla creazione di trading venues altrettanto regolate dalle normative comunitarie.

Alla luce di tutto ciò, banche e intermediari finanziari dedicati al risparmio hanno l’esigenza di conoscere meglio tutte le caratteristiche di tale innovazione, dopo 15 anni di alta incertezza anche per poter convenientemente rispondere alla richiesta spesso inconsapevole di una parte della propria clientela. Per paradosso gli episodi di bancarotta possono costituire un momento di crescita e consolidamento dei contenuti più positivi di questa innovazione.

Giuseppe G Santorsola
Professore Ordinario di Asset Management,
Corporate Finance e Corporate & Investment Banking
Università Parthenope di Napoli