l fattori ESG hanno generalmente suscitato entusiasmo nell’ambito dell’intermediazione finanziaria, sia con l’offerta di prodotti, sia per la domanda degli investitori individuali ed istituzionali. Accoglienza positiva correlata alla attenzione nel mondo sociale ed economico a conferma dell’attesa di crediti, sussidi e investimenti che contribuiscano al avvicinamento verso i 17 SDG dell’ONU e i risultati legati (nell’area UE) all’Action Plan e, poi, al Next Gen Plan.

Gli eventi nel 2020 (la pandemia) e nel 2022 (il conflitto Russia-.Ukrania) hanno rallentato il conseguimento di risultati economici positivi, ma hanno mantenuto alta l’attenzione verso l’importanza globale soprattutto del fattore E (in particolare per l’aspetto climatico, regolato anche dall’Accordo di Parigi) e del fattore S (popolazione e longevity risk).

Nell’ambito finanziario, si è evidenziata l’attesa, per chi indirizza investimenti verso l’area ESG compliant, di rendimenti superiori ai benchmark tradizionali e a quelli assoluti, rispetto ad investimenti non legati ai citati fattori. I tempi necessari per ritorni finanziari sono più lunghi di quanto già stimato quali non brevi.

 

I risultati non sono sempre stati conformi alle attese

Per contro, i flussi dei nuovi investimenti e la canalizzazione di quote dei riscatti sono proseguiti, allontanando peraltro gli investitori dalle società mal gestite o fortemente non ESG e indirizzandoli verso “vincitori” attesi nel futuro. Tuttavia, è anche plausibile che l’asimmetria fra abbondante raccolta destinata al segmento e la limitata presenza di imprese indirizzate verso idonei investimenti possa ingenerare indebita pressione sul prezzo delle azioni e degli strumenti ESG, il che sarebbe di fatto un pericoloso autogol per il mondo ESG.

Il tempo trascorso corrisponde a quanto ipotizzato dall’analisi scientifica per valutare il rendimento degli investimenti finanziari e cioè un orizzonte di 5 anni. Nell’attesa di tale scadenza, i primi studi accademici e delle società di consulenza più specializzate nell’area ESG suggeriscono che il 2020 è stato un “outlier statistico” e che gli ETF e molti fondi comuni classificati ESG (come richiesto dalla normativa SFDR a partire dal 31.2.2023, hanno marginalmente sottoperformato rispetto ai loro omologhi tradizionali, oggi classificati dalla SFDR quali “pale” (articolo 6 del SFDR).

Le ricerche sembrano indirizzare le proprie conclusioni in senso contrario ed evidenziano un errore iniziale legato all’ottimismo delle impostazioni degli studi statistici. In attesa della normativa CSRD (a regime tra il 2024 e il 2028) manca inoltre la armonizzazione del sistema di rendicontazione e di reporting per consentire le analisi e le comparazioni.

La dichiarazione non finanziaria (DNF) si tradurrà a breve in una rendicontazione di sostenibilità per integrarsi nel tempo con il bilancio “tradizionale”, contabilizzando l’efficacia degli investimenti ESG e la capacità di creare valore e contribuire alla gestione in utile dei rischi aziendali.

Non si deve sottacere anche l’importanza di valutare i PAI (principal adverse impact) quali costi, investimenti, transizioni ed errori nelle scelte, elemento fondamentale nel budgeting e nella pianificazione.

Le principali direttive europee in campo finanziario sono in corso di revisione per acquisire i contenuti ed i rischi ESG. Ciò vale per CRD, MiFID, IDD, AIFMD, UCITS, un perimetro molto ampio che coinvolge tutte le aree per quali sono esplicitamente previsti per tutto il personale momenti di formazione e aggiornamento.

 

Non è sufficiente essere sensibili ai problemi e ai fattori ESG

Non è sufficiente essere sensibili ai problemi e ai fattori ESG, atteggiamento che può sfociare anche in fenomeni di greenwashing. E’ necessario disporre di parametri e indicatori che indirizzino il percorso verso il conseguimento dei risultati attesi.

SFDR, CSRD e Regolamento Tassonomia sono, al momento, i tre strumenti normativi che inquadrano, nel contesto dell’economia, obiettivi, soluzioni e controlli nell’ambito ESG. E facile prevedere che fra poco chiameremo ESG 0 gli attuali criteri per passare nel tempo alle versioni superiori con requisiti sempre più stringenti per mantenere certificazioni e requisiti di compatibilità. Non è quindi sufficiente essere “aperti” e “favorevoli” verso scelte ambientali, sociali o di “buona governance”, affinché l’economia integri i fattori ESG, un tempo avversi!

 

Giuseppe G Santorsola
Professore Ordinario di Asset Management,
Corporate Finance e Corporate & Investment Banking
Università Parthenope di Napoli