Abilitare le tecnologie umane

È opinione generale che la digitalizzazione dei processi ci costringerà a inseguire il progresso tecnologico per aumentare la nostra competitività e vincere la con­correnza. Ci siamo convinti, insomma, che le nostre aziende dovranno vincere la sfida di una tecnologia sempre più avanzata: cavalcare l’onda della quarta rivoluzione o esserne travolte. Tuttavia, corriamo un rischio: restiamo affascinati da ciò che fa la macchina fino a dimenticare che questa agisce all’interno di un sistema di cui fanno parte le persone.

Creare una cultura digitale in cui crescere e imparare

Il primo passo verso l’abilitazione delle persone è quindi di creare un ambiente fertile e ricettivo alla trasformazione digitale. Il che si traduce nello sviluppare una cultura in cui comportamenti, mindset e valori favoriscano la collaborazione e l’innovazione e si fondino sui pilastri del data-driven e del customer-centric.

Non per niente, “Digital culture” significa anche e soprattutto far sì che i lavoratori sappiano rispondere prontamente alle sfide del prossimo  futuro e mantengano alta la competitività e la partecipazione.

Cosa ci frena, quindi?

A mio parere, uno degli scogli maggiori è la diffusa fatica nell’adozione della tecnologia, una difficoltà che spesso rasenta la diffidenza. Ecco dunque dove può essere utile concentrare gli sforzi di abilitazione delle persone: nell’alfabetizzazione digitale.

Abilitare le persone perché siano attive e partecipi di una cultura digitale significa far sì che tutti in azienda sappiano muoversi nei contesti e negli ambienti sorti dalla tecnologia. Qualche esempio più semplice: navigare nel cloud aziendale per reperire e condividere informazioni; utilizzare correttamente i vari canali di comunicazione digitale; impiegare gli strumenti e i software di business; essere a conoscenza di come le nuove tecnologie impattano sul proprio settore.

Il paradosso potrebbe altrimenti essere di ritrovarsi in un’azienda che investe in sofisticati sistemi di IA e blockchain, ma non sapere che significa “aprire il link in una nuova scheda del browser”.

La sfida di una cultura digitale che riparte dall’ABC senza interrompere la corsa alla Digital Transformation

La crescita della cultura digitale dovrà dunque procedere su due binari paralleli: alfabetizzazione e innovazione. Investire nel primo aspetto potrebbe essere percepito come meno glamour, ma dobbiamo anche riconoscere che il livello di competenze digitali di base è generalmente scarso nelle aziende.

Chi più chi meno, senza dubbio, ma in un recente studio dell’Oecd, l’Italia ha registrato risultati particolarmente bassi in termini di Digital Literacy. Al pari di Cile, Grecia, Lituania, Repubblica Slovacca e Turchia, risultiamo mancanti delle competenze fondamentali necessarie per prosperare in un mondo digitale, sia come individui sia come lavoratori.

Questi dati non sono certo una novità e già da tempo l’UE si era posta un traguardo tanto ambizioso quanto necessario: far sì che entro il 2025 il 70% dei cittadini UE tra i 16 e i 74 anni possegga competenze digitali di base.

DigComp: un modello da cui prendere spunto

Ritengo che uno degli strumenti ad oggi più interessanti come guida e modello di riferimento sia il Quadro di riferimento per le competenze digitali dei cittadini europei. Meglio noto come DigComp, è uno strumento per lo sviluppo e la pianificazione strategica che propone 21 competenze digitali di base, afferenti a 5 livelli di competenza.

  1. Alfabetizzazione su informazioni e dati
  2. Comunicazione e dati
  3. Creazione di contenuti digitali
  4. Sicurezza
  5. Risolvere problemi

Per ciascuna area sono stati pensati otto livelli di padronanza, da “base” ad “altamente specializzato”, e il tutto è corredato da spiegazioni ed esempi. L’obiettivo di questo framework è proprio di porsi come punto riferimento comune cui tutti, cittadini e lavoratori, possono attingere per capire dove migliorarsi.

Tradurre nell’operatività aziendale uno strumento di questo tipo non è certamente facile, forse non tanto per gli aspetti tecnici quanto per quelli legati all’apprendimento. Occorrono poi una forte personalizzazione, la capacità di calare il progetto nella realtà lavorativa, la partecipazione attiva dei lavoratori…

Crediamo però che intervenire in questa direzione sia una questione sempre più urgente. Se non riusciremo a promuovere l’alfabetizzazione digitale, i processi di trasformazione e innovazione rischieranno di essere instabili.

In altre parole, non sarà la velocità con la quale acquisiremo le tecnologie a farci vin­cere, ma la capacità con cui abiliteremo le persone nell’utilizzarle.

 

Laura Garozzo, Projectland