apprendimento in età adultaSembra paradossale, ma un errore comune in cui cadono formatori aziendali e consulenti è di dimenticare che la persona che hanno davanti a sé in aula è un adulto e un professionista, oltre che un discente. Forti dei nostri titoli, delle nostre competenze e, perché no, delle nostre capacità oratorie, talvolta non facciamo caso che, per i motivi più disparati, i partecipanti del nostro corso partecipano a tutto fuorché all’intervento formativo.

Come ogni bravo docente ben sa, il discente dovrebbe invece essere posto al centro e dovrebbe essere l’attore protagonista di tutto il processo formativo, dall’analisi dei fabbisogni formativi fino alla certificazione.

Con questo breve articolo vogliamo quindi dedicare qualche minuto a un modello di formazione che, nonostante siano passati svariati decenni, può ancora essere utile per chi si occupa di formazione in azienda.

L’apprendimento in età adulta: i sei assunti di Malcom Knowles

Come molti di voi avranno intuito, stiamo parlando del modello andragogico di Knowles.

Che significa andragogia?

Negli anni ’90 il dibattito sull’apprendimento in età adulta è portato in auge dall’educatore statunitense Malcom Knowles. Il suo The adult learner resta tutt’oggi uno dei capisaldi dell’andragogia, nonostante i tempi siano drasticamente cambiati e con essi le persone e le loro necessità.

Senza entrare in dibattiti eccessivamente teorici, potremmo riassumere l’andragogia come quell’insieme di scienze e discipline volte a ricercare e promuovere l’apprendimento e l’educazione degli adulti. Dal greco andros, uomo adulto, e ago, condurre, l’andragogia si fonda sull’individuo e sull’attività, e cioè mira all’autorealizzazione privilegiando le conoscenze acquisite tramite l’esperienza.

L’obiettivo di questo contributo è di incentivare alla riflessione su di un argomento che, come commenta lo stesso Knowles, è spesso trascurato. Ma se lo scopo della formazione è creare valore e trasmettere abilità, conoscenze e competenze, non è forse utile approfondire il perché e il come funziona l’apprendimento di un adulto?

La cosa stimolante è che le teorie di Knowles non sono affatto una verità certa. Non è credibile pensare che ogni discente adulto si conformi agli stessi assunti -e per fortuna, aggiungiamo. Che si tratti di capacità cognitive e intellettuali, di differenze della personalità o di diverse conoscenze pregresse, ogni discente adulto ha le sue particolarità. In breve, anche in questo caso crediamo che il modello di apprendimento sia da adattare e non da adottare. Vediamo ora i sei assunti di Knowles, con la premessa che li riteniamo più dei punti di riferimento e non dei dettami cui obbedire alla cieca.

  1. Perché devo imparare? Cosa ci guadagno?
  2. Per quale motivo dovrei mettermi in una posizione di inferiorità davanti a qualcuno che crede di saperne più di me?
  3. Ma io già so fare il mio lavoro, cosa pensano di insegnarmi questi?
  4. È il momento giusto per imparare questa cosa?
  5. Ok, ma dove vogliamo andare a parare?
  6. Ma chi me lo fa fare?

1. Perché devo imparare? Cosa ci guadagno?

A che scopo devo indirizzare tempo ed energie in qualcosa che non so e che non sono certo riuscirò a capire e fare mio? Che vantaggi ne traggo? A differenza del bambino o dell’adolescente che studiano per essere promossi, l’adulto ha bisogno di sapere per quale motivo deve apprendere qualcosa. È quel che Knowles chiama “bisogno di conoscere”. Prima ancora di iniziare il percorso di apprendimento vero e proprio, facilitatore e docente hanno il compito di rispondere a questa domanda.

2. Per quale motivo dovrei mettermi in una posizione di inferiorità davanti a qualcuno che crede di saperne più di me?

We don’t need no education/ We don’t need no thought control, cantava qualcuno, e il concetto è applicabile anche in contesti didattici più avanzati. Generalmente un adulto autonomo e indipendente non è entusiasta di mettersi in discussione e di trovarsi in una condizione che non conosce e non sa governare. Da qui può nascere una resistenza all’apprendimento che i formatori dovranno vincere facendo sì che i discenti non si sentano subordinati e privi di responsabilità. Dovranno insomma cercare di non ledere il “concetto di sé” dei partecipanti.

3. Ma io già so fare il mio lavoro, cosa pensano di insegnarmi questi?

 Che l’apprendimento in età adulta sia più che altro orizzontale e non verticale, è cosa nota. L’esperienza, commenta Knowles, riveste un ruolo essenziale perché i discenti stessi costituiscono una ricca risorsa per imparare. Il bagaglio di competenze pregresse dei partecipanti può essere però un’arma a doppio taglio per il docente. Il rischio è che le esperienze già maturate creino una sorta di barriera, di resistenza. Ricordiamoci poi che l’esperienza può e deve essere declinata nelle metodologie didattiche. Tecniche esperienziali come discussioni di gruppo, attivit à di problem solving, esercizi di simulazione e quant’altro sono pertanto fondamentali.

4. È il momento giusto per imparare questa cosa?

C’è un tempo per tutto, anche per l’apprendimento. E la disponibilità ad apprendere non è qualcosa che un docente può imporre. Non ci si può aspettare di imparare qualcosa se non siamo convinti che quel che ci viene insegnato porterà a un tangibile miglioramento di competenze che sarà percepito nella quotidianità. Il formatore ha qui il compito di sincronizzare quanto già appreso e l’utilità di quanto ancora da apprendere.

5. Ok, ma dove vogliamo andare a parare?

L’apprendimento deve essere orientato alla vita reale, non incentrato sulle materie come a scuola. “Orientamento verso l’apprendimento” significa dunque concretizzare teorie, dare applicazione ai concetti, contestualizzare in situazioni reali e fornire strumenti che agevolino la quotidianità. Il tutto risulterà dunque molto più efficace dello studio mnemonico.

6. Ma chi me lo fa fare?

Le motivazioni interne hanno la meglio sulle pressioni esterne. Promozioni e benefit rivestono certamente un ruolo essenziale, ma come sostiene anche Daniel Pink, non sempre ciò che ci motiva nel lavoro e nella vita rientra nel modello del bastone e della carota. Autostima, miglioramento della qualità di vita e soddisfazione personale sono dei driver possono fare più di un possibile incentivo economico.

Sei regole d’oro che ogni formatore dovrebbe tenere ben presenti, adattandole alle necessità dell’azienda, ma soprattutto alle esigenze dei partecipanti.

 

Laura Garozzo e Angelo Pasquarella – Projectland