Le misure di sostegno pubblico hanno finora protetto il settore bancario. I rischi rimangono e andranno affrontati, correggendo subito il valore dei crediti NPL e non distribuendo dividendi troppo generosi, pur remunerando il capitale di rischio. In tal modo, il valore delle banche (e delle relative azioni quotate) dovrebbe consolidarsi e non rischiare eccessiva volatilità.

Le misure adottate dalla BCE e dal governo hanno consentito al sistema delle imprese e delle banche di reggere l’urto della crisi. Il settore finanziario è stato inondato di liquidità, di garanzie pubbliche e di moratorie: le banche vanno presentandosi così più rischiose e meno redditizie.

Il ricorso delle banche italiane al rifinanziamento presso la banca centrale è aumentato A loro volta, le banche hanno mantenuto politiche di prestito più distese. Le imprese hanno in parte utilizzato i prestiti per accumulare riserve liquide (tranne nei settori turismo e ristorazione).

Con la seconda ondata di pandemia, è, invece, sorto il problema del rischio di credito che si accumula nei bilanci delle banche, in parte scaricato sul bilancio pubblico, non solo quello relativo ai nuovi prestiti, ma anche ai prestiti già in essere, sostituendo quelli esistenti con i nuovi garantiti dallo stato. L’11,2% della consistenza dei prestiti risulta coperta dalla garanzia pubblica. Il resto è quasi il 90%: la bomba generata dal rischio di credito.

Il peso degli NPL sembra non preoccupare, ma il livello è in gran parte riconducibile alle moratorie, che hanno rinviato la presa d’atto sul vero stato di salute dei debitori. Quasi un quarto dei prestiti ne beneficia.

Alcune banche sono consapevoli e si stanno attrezzando. Hanno aumentato il tasso di copertura dei prestiti in bonis nel prendere atto che il loro valore è destinato a ridursi. Soprattutto quelle di minore dimensione, presentano però tassi di copertura inferiori alla media del sistema. Un’altra possibile bomba.

Il sistema bancario italiano rimane nel complesso solido: il rapporto tra capitale primario e attivo ponderato per il rischio (CET1 ratio) è il 14,8%, crescendo di 80 punti base nel primo semestre di quest’anno, allineato a quello delle banche europee. A ciò ha contribuito la raccomandazione delle autorità, di accantonare gli utili maturati nel 2019, per rafforzare il patrimonio. La raccomandazione è in vigore per il 2020; ora gli azionisti confidano in un doppio dividendo. Sarebbe un comportamento miope: meglio anteporre la solidità al rendimento immediato, già rivelatosi errato nel corso degli anni ‘00.

Giuseppe G Santorsola
Professore Ordinario di Asset Management,
CorporateFinance e Corporate & Investment Banking
Università Parthenope di Napoli